Operette moraliFelice Le Monnier, 1851 |
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abbia alcuna altra altre amici anco animo antichi anzi Barbari bisogno Blemmi buoni certo ciascuno Cicerone Ciro città Clearco colla conoscere considerando contrario Copernico corpo costumi cotali cotesto credo Crisippo desiderio dico diletto Diogene Laerzio dire discorso Eleandro Epitteto essendo esso Evagora eziandio facoltà fanno fare fatica favellare felicità figliuoli filosofia gente Giorgio Gemisto Pletone giorno giudicare Greci Imperciocchè Imperocchè infelicità innanzi insino istare l'animo l'uomo Lacedemoni lasciare leggi LEOPARDI lode luogo maggior male malvagità maraviglia materia medesimo mente miseria mondo MONTE SINAI morte natura nessun niuno odio onore opere OPERETTE MORALI padre parasanghe passato pensiero Perciocchè Perocchè persone piacere pigliare Platone Plotino poco Porfirio possa pregio principio proprio pure ragione riputazione santo sarà secolo Senofonte sentimento sieno signore simile simo Socrate stezza stima tali Teofrasto terra Timandro Tissaferne Tristano trovare umana uomini uomo vedere veggiamo vero virtù vivere voglia volere volgarizzamenti zione
Popular passages
Page 93 - Oggi non invidio più né stolti né savi, né grandi né piccoli, né deboli né potenti. Invidio i morti e solamente con loro mi cambierei. Ogni immaginazione piacevole, ogni pensiero dell'avvenire, ch'io fo, come accade, nella mia solitudine, e con cui vo passando il tempo, consiste nella morte, e di là non sa uscire.
Page 41 - Ridendo dei nostri mali, trovo qualche conforto; e procuro di recarne altrui nello stesso modo. Se questo non mi vien fatto, tengo pure per fermo che il ridere dei nostri mali sia l'unico profitto che se ne possa cavare, e l'unico rimedio che vi si trovi. Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso.
Page 78 - Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Sì bene attendiamo a tenerci compagnia l'un l'altro; e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; " per compiere nel miglior modo questa fatica della vita.
Page 24 - ... d'api o di farfalle scorresse per la campagna; non voce, non moto alcuno, se non delle acque, del vento e delle tempeste, sorgesse in alcuna banda; certo l'universo sarebbe inutile; ma forse che vi si troverebbe o copia minore di felicità, o più di miseria, che oggi non vi si trova...
Page 82 - Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Page 85 - Se questi miei sentimenti nascano da malattia, non so: so che, malato o sano, calpesto la vigliaccheria degli uomini, rifiuto ogni consolazione e ogn'inganno puerile, ed ho il coraggio di sostenere la privazione di ogni speranza, mirare intrepidamente il deserto della vita, non dissimularmi nessuna parte dell'infelicità umana, ed accettare tutte le conseguenze di una filosofia dolorosa, ma vera.
Page 165 - In fine la vita a' suoi occhi ha un aspetto nuovo, già mutata per lui di cosa udita in veduta, e d'immaginata in reale; ed egli si sente in mezzo ad essa, forse non più felice, ma per dir così, più potente di prima, cioè più atto a far uso di sé e degli altri.
Page 155 - ... immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l'universo infinito, e sentire che l'animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d'insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.
Page 25 - Mortali, destatevi. Non siete ancora liberi dalla vita. Verrà tempo, che niuna forza di fuori, niuno intrinseco movimento, vi riscoterà dalla quiete del sonno.; ma in quella sempre e insaziabilmente riposerete.
Page 166 - ... Gesù Cristo** fu il primo che distintamente additò agli uomini quel lodatore e precettore di tutte le virtù finte, detrattore e persecutore di tutte le vere; quell'avversario d'ogni grandezza intrinseca e veramente propria dell'uomo; derisore d'ogni sentimento alto, se non lo crede falso, d'ogni affetto dolce, se lo crede intimo; quello schiavo dei forti, tiranno dei deboli, odiatore degl'infelici; il quale, esso Gesù Cristo dinotò col nome di mondo, che gli dura in tutte le lingue colte...